Neoliberismo è un termine usato dagli appartenenti al liberalismo economico, una dottrina economica che ha avuto grande impulso a partire dagli anni ottanta. Essa sostiene la liberazione dell’economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi pubblici, la liberalizzazione di ogni settore non strategico e la fine di ogni chiusura doganale.
I sostenitori del neoliberismo, portano come prova la notevole crescita economica registrata negli Stati che hanno adottato questa linea di sviluppo – Stati Uniti per primi – e spiegano che favorendo la libertà di mercato si ingenera nel lungo periodo una generale crescita dell’economia in termini di PIL e di livello di scambio tra paesi lontani: questo ciclo virtuoso accresce nel tempo il livello di benessere non solo delle classi agiate ma anche delle grandi masse.
Tuttavia il Neoliberismo è una dottrina che ha dichiarato una vera e propria guerra economica contro la maggioranza della popolazione. Le politiche del neoliberismo, decise nei centri del potere finanziario internazionale e battezzate come politiche di globalizzazione, pretendono di raggiungere l’efficienza economica nascondendosi dietro nozioni molto vaghe come la modernità o la società tollerante. Tali politiche però hanno ottenuto esattamente il contrario: una concentrazione senza precedenti della ricchezza, impoverimento, disoccupazione o sottoccupazione per la maggioranza della popolazione economicamente attiva, la condanna di milioni di esseri umani allo sfruttamento tramite il meccanismo del disagio sociale che impedisce loro di avere una visione critica della propria esistenza.
Nel contempo le conseguenze di questo perverso meccanismo sono la negazione del diritto alla salute, all’educazione, al territorio, costringendo le popolazioni a vivere nell’ingiustizia e riducendo ogni possibilità di un futuro dignitoso.
In campo politico, si assiste allo smantellamento dello stato sociale e ad una crescita smisurata del potere transnazionale trainato dai dettami dei vari FMI, WTO, banche centrali e Banca Mondiale.
Il problema dello Stato è al centro del dibattito delle politiche neoliberali; queste, infatti, hanno cercato di riconvertire i vecchi Stati nazionali, basati sulla tutela dei diritti sociali e sul Welfare, in Stati subordinati ai centri del potere finanziario internazionale e funzionali alle nuove politiche che tendono a strumentalizzare l’uomo in funzione degli interessi economici delle grandi organizzazioni. Lo smantellamento delle garanzie dei lavoratori e dei sindacati – dal salario minimo ai contratti collettivi di lavoro – dei sistemi di sicurezza sociali, delle università e scuole statali avranno effetti di cui è impossibile per ora prevedere conseguenze.
La nozione di mercati liberi, non è riuscita a nascondere che le grandi potenze economiche mondiali (U.S.A. per primi) non hanno mai appoggiato mercati liberi, ma semmai nuovi standard di protezionismo. La teoria Neoliberale promette una maggiore uguaglianza di opportunità, spacciando la deregolamentazione per liberalizzazione. La deregolamentazione, o deregulation, è quel processo per cui i governi eliminano le restrizioni degli affari al fine di incoraggiare le efficienti operazioni del mercato. La base razionale per la deregolamentazione è, generalmente, che un minor numero di regole porta a un maggior livello di concorrenza, conseguentemente a maggior produttività, maggior efficienza e, in generale, prezzi più bassi. La strada che il Neoliberismo sta adottando, purtroppo, sulla base dell’esperienza cinese e dei paesi emergenti dell’Asia, comprende anche la deregolamentazione del lavoro salariato con conseguente annichilimento dei diritti dei lavoratori. La deregolamentazione è differente dalla liberalizzazione perché un mercato liberalizzato, permettendo un qualsiasi numero di concorrenti, può essere regolato al fine di proteggere i diritti dei consumatori, specialmente per prevenire la creazione di oligopoli. Tuttavia i termini sono usati indifferentemente riferendosi alle attività liberalizzate o deregolamentate al fine di nascondere un mercato in realtà non libero e protezionista nei confronti degli oligopoli che hanno in mano il potere decisionale.
Il Neoliberismo è un totalitarismo, dal momento che pretende di imporre un modello unico e dogmatico, poiché i suoi principi spesso oscuri e contradditori vengono presentati come verità indiscutibili. Nella continua ricerca della legittimazione del pensiero Neoliberista si è sempre cercato di censurare gli aspetti più devastanti del progetto, iniziando dalla consapevolezza che ai popoli viene imposto un modello di vita che li sottomette alle necessità dei processi economici, fino al controllo monopolista dei mass-media nell’intento di creare un mondo nuovo secondo le esigenze delle imprese multinazionali e gruppi finanziari. Kevin Hassett, direttore degli studi di politica economica dell’American Enterprise Institute, per giustificare le teorie neoliberiste mette a confronto le condizioni di vita delle famiglie francesi che vivono sotto la soglia ufficiale di povertà con quelle delle corrispondenti famiglie statunitensi, con maggiore anzianità di applicazione del modello neoliberista, e ne ricava la migliore condizione del secondo gruppo, che disporrebbe di maggiore spazio abitativo pro-capite, oltre che di maggiore dotazione di beni durevoli di consumo, quali auto, elettrodomestici e personal computer. Quella di Hassett è ovviamente una conclusione ricercata all’interno dei propositi dell’economia di consumo promossa e perpetuata dai poteri economico finanziari, tralasciando completamente gli aspetti legati alle prospettive di emancipazione sociale e crescita culturale della popolazione.
L’applicazione delle teorie neoliberiste sta portando ad una crisi evidente, sia delle istanze del potere pubblico che dei meccanismi istituzionali, dagli organi di controllo della costituzionalità delle leggi alle diverse forme di decentralizzazione e di equilibrio del potere, distruggendo le istanze intermedie come i partiti politici (delegando l’establishment alla scelta dei rappresentati politici) ed i sindacati (delegittimando i sindacati e diritti sindacali come il massimo della giornata lavorativa, il salario minimo, il diritto di sciopero) e, di conseguenza, i meccanismi di partecipazione democratica.
I processi elettorali hanno dimostrato che esiste uno sfasamento tra ciò che sono realmente le false democrazie occidentali e la lettura che ne danno i centri di potere internazionale. Le elezioni non hanno affatto le caratteristiche di processi democratici e dialettici e tra le vaste operazioni di propaganda, fatte per dare pubblicità alla supposta democrazia, non servono a nascondere la realtà dei fatti. Tramite la propaganda si cerca di far credere che si può prescindere dagli uomini della così detta “vecchia politica” accusata di non rappresentare l’intera e moderna socità civile e tutte le sue correnti di opinione, facendo così apparire industriali, uomini della finanza,tecnici: uomini provvidenziali.
Il risultato dell’applicazione delle teorie neoliberiste è la riduzione dello Stato di Diritto, fondamento della vita democratica, ad una realtà molto precaria nella maggioranza dei paesi. La garanzia dei diritti politici individuali (di voto e/o carriera) è assolutamente insufficiente e, dall’altra, i funzionari pubblici continuano ad agire al di fuori della legalità e spesso nella piena impunità. Tutto ciò ha ovviamente gravi ripercussioni nella configurazione degli organi del potere pubblico.
I mass-media sono divenuti uno dei principali mezzi di manipolazione dell’opinione pubblica dove, attraverso una propaganda martellante, viene imposto il candidato dei gruppi di potere in carica, così che i processi politici vengono falsificati profondamente. In questo panorama appare evidente l’incapacità delle forze di opposizione di affrontare la macchina di ingegneria elettorale dei gruppi del potere economico, che spesso è la stessa del governo, e di elaborare un programma, alternativo a quello del neoliberismo, che possa ottenere l’appoggio popolare alle urne.
Le politiche monetaristiche dei governi vengono portate avanti sulla pelle della classe lavoratrice, smantellando quello che resta dello Stato sociale e consegnado le risorse nazionali (dall’acqua agli idrocarburi) alle forze multinazionali.
Di fronte alla violenza delle politiche neoliberiste si deve rispondere con forza e determinazione tramite l’azione, la discussione, la critica e l’emancipazione culturale. E’ urgente rivedere il ruolo dell’educazione e dei mezzi di comunicazione sociale. Per rendere reali – ed ormai riscattare – i diritti individuali e sociali al lavoro, al territorio, all’educazione, alla salute e per costruire una società nella quale l’uomo sia padrone della sua speranza, è necessaria un’ampia discussione sulle problematiche del neoliberismo in cui gli individui riscoprano un proprio ruolo sociale attivo dismettendo quello di comparsa strumentale al potere economico finanziario.
Fonte: http://www.netmask255.com/
Link: http://www.netmask255.com/dossier/varie/808-critica-al-neoliberismo.html
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