La crisi attuale viene vista da più fonti soprattutto come “economica” anche se delle sue conseguenze si dice che siano paragonabili a quelle di una guerra: non sto parlando di entità eterodosse, o rivoluzionarie, ma di Confindustria: “Crisi come guerra, colpite parti vitali del Paese”
Ed Abi: “caduta Pil Italia pari a quella di una guerra”
E di molte altre fonti, e non recentemente, come per esempio l’Aspen Insititute tanto caro al premier Letta:“La guerra dell’euro”
Spesso si sente dire dall’esperto di statistica di turno, che le conseguenze economiche sono paragonabili “a quello che è successo nella II guerra mondiale” o anche… “peggio di quello che è successo nella II guerra mondiale”.
Tutta una serie di analogie in cui si parla della guerra come fenomeno dalle stesse conseguenze, ma la crisi continua ad essere presentata come economica e di tipo “ciclico”, scatenatasi a partire dall’esplosione della bolla finanziaria del 2008… e – per giustificare il fatto che sta colpendo in particolare il nostro paese – il massimo che i mezzi di informazione riescono a fare è tirare in mezzo il “debito pubblico” troppo alto e tutta una serie di altri luoghi comuni.
In definitiva la colpa viene data soprattutto alla casta politica corrotta che ha speso troppo indebitando il paese. Come se uno stato fosse come un’azienda o una famiglia che se si indebita “fallisce”.
Senza voler mettere in discussione gran parte della corruzione della classe politica né tantomeno volerla difendere, è sbagliato lasciar intendere che tale corruzione sia consistita in un semplice arricchimento personale o del proprio partito ottenuti – ci dicono – sperperando cifre inaudite in un “clientelismo” improduttivo che ha indebitato lo Stato.
A mio parere la corruzione è ben altra: non ha a che vedere con l’aver speso troppo, ma con l’aver preso decisioni contrarie all’interesse collettivo. Forse più che di corruzione in effetti sarebbe opportuno parlare di “tradimento”.
Ormai molti economisti (e tra l’altro di diverse scuole di pensiero economico) ci spiegano che il nostro debito pubblico è esploso negli anni ’80 a causa del divorzio tra la Banca d’Italia e il Tesoro, quando di fatto abbiamo cominciato a perdere sovranità monetaria a causa di un vero e proprio minigolpe (definito in modo non tanto diverso dallo stesso Beniamino Andreatta che ne fu l’autore).
Gli stessi economisti ci spiegano anche che in condizioni di sovranità monetaria tale debito (o anche un debito superiore) avrebbe una rilevanza sicuramente inferiore a quella attuale.
Quelle del debito eccessivo e della casta corrotta che si è “mangiata tutto” sono solo alcune delle tante menzogne che ci vengono raccontate e lo scopo di questo breve articolo non può essere quello di svelarle tutte. Ci sono ormai numerose fonti che con sfumature diverse danno tutti gli strumenti di comprensione della situazione attuale (molte si possono trovare nella sezione biblioteca del sito di Bottega Partigiana).
Il tentativo è di proporre una sintesi interpretativa del fenomeno che stiamo vivendo, per renderci conto fino in fondo della sua gravità; per renderci conto che siamo in mezzo a una vera e propria guerra non meno violenta di quelle tradizionali – anche se viene combattuta con mezzi più sofisticati e forse meno cruenti – e che al centro di questa guerra c’è l’Euro e tutte le istituzioni che gli girano intorno.
Propongo di fare lo sforzo di vedere la situazione che stiamo affrontando da una prospettiva diversa da quella a cui siamo abituati.
Non solo da noi, ma anche in Grecia e Portogallo le conseguenze che si stanno osservando sono molto simili a quelle di un conflitto bellico (strade con auto abbandonate, quartieri delle città con strade intere piene di serrande abbassate, e altre situazioni agghiaccianti). Proviamo a vedere se ci sono altri tipi di analogie di questo tipo per descrivere il fenomeno che stiamo vivendo.
Le guerre in genere si combattono per imporre il dominio di alcuni paesi su altri, potendone così sfruttare le risorse economiche e asservirne la popolazione.
Non è forse quello che è successo in Grecia? Con l’imposizione di condizioni durissime da parte della Troika in cambio di “aiuti” che in pratica servono solo a ridare soldi alle banche creditrici: lo strozzino che ti dà i soldi per pagarlo in cambio del fatto che tu chiuda bottega… ma continuano ad affermare che si tratta di aiuti.
Non è forse quello che sta succedendo anche in Spagna e in Portogallo?
Ma parliamo un attimo di noi italiani: non vi sembra che una “lettera” da parte di entità esterne al paese – e senza nessuna legittimazione democratica – che detta condizioni al governo del paese stesso sia assimilabile a una richiesta di “resa”? La famosa lettera della BCE che ci è stata raccontata come una sorta di collezione di consigli, ma che di fatto ha portato alla caduta del governo allora in carica, in un clima generale di “emergenza nazionale” simile a quello che in passato si viveva durante i conflitti. Anche se fosse vero che di fatto le indicazioni arrivassero da fonti interne al paese, il fatto grave è la loro legittimazione solo in quanto provenienti dall’Europa.
Indipendentemente dal giudizio (ovviamente pessimo) sui governi di Berlusconi, non possiamo non osservare che il governo dei “tecnici” sia stato imposto da fuori, basando tutto su parametri esterni come quello dello “spread” e del “rating”.
Ovviamente si è ottenuta una legittimazione formale da parte del Parlamento – nel senso che “formalmente” non si può dire che sia stato un colpo di stato – ma con tutti quelli che lo appoggiavano che continuavano a dichiarare che lo facevano perché non c’era altra scelta… (come è possibile?). Il Mantra è “Ce lo chiede l’Europa” e sembra quasi che questa Europa ci chieda sempre cose giuste. La cosa pazzesca è che questo “Ce lo chiede l’Europa” venga sempre ammantato di verità e giustizia: se ce lo chiede l’Europa deve essere per forza qualcosa di giusto, per il nostro bene! Dobbiamo farlo anche se non vogliamo!
Tutto questo risulta quantomeno un po’ inquietante!
Cercando di sintetizzare e di proporre un’analisi politica possiamo affermare che stiamo assistendo a un attacco diretto all’assetto degli stati democratici così come li abbiamo vissuti dal dopoguerra ad oggi.
In particolare è sotto attacco il progetto dello stato sociale europeo, di stampo socialdemocratico fondato su costituzioni antifasciste, ispirate dalla dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – che fu una delle grandi conquiste del dopoguerra.
Bisogna tener conto che, dal dopoguerra fino alla caduta del muro di Berlino, l’Europa “Socialdemocratica” è servita al mondo capitalista per fare da cuscinetto verso la cortina di ferro: occorreva mostrare un capitalismo dal volto umano.
Nel ’71 gli Stati Uniti (Nixon) ruppero unilateralmente i patti di Bretton Woods interrompendo la convertibilità in oro del dollaro.
Negli anni ’70 in America (USA) iniziò una ripresa del potere da parte del grande capitalismo – fino a quel momento c’erano state politiche che si potrebbero chiamare fortemente keynesiane, con un aumento crescente del welfare state e un processo di democratizzazione. Ma negli anni ’70 iniziò una vera e propria “restaurazione” (Chicago Boys – fine delle politiche Keynesiane – Neoliberismo) in cui i poteri economici il cui dominio si era attenuato a causa del processo di democratizzazione, organizzarono una vera e propria controriforma utilizzando le teorie economiche “neoclassiche” alla Friedman e alla Von Haiek come scusa per smantellare le conquiste sociali ottenute fino a quel momento.
All’Europa venne concesso più tempo (forse a causa della sua posizione nella guerra fredda?) ma già all’inizio degli anni ’80 le cose cominciarono a cambiare (per esempio da noi col divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro).
Il binomio Thatcher Reagan fu l’Epicentro del fenomeno di marginalizzazione internazionale dell’intervento statale soprattutto per quanto riguarda il Welfare-State.
In Italia iniziò un attacco alla classe politica associandola ad una generalizzata corruzione e a un generalizzato “clientelismo”. Temendo forse anche l’avvento di un’avanzata delle forze di sinistra e trovando così il modo di “sterilizzarne” gli effetti – si iniziò a proporre il paradigma che la classe politica, in quanto corrotta per sua stessa natura, non dovesse poter controllare l’economia – meglio lasciare il controllo al Mercato – questa fu e viene tuttora proposta come una vera e propria ideologia, quasi di tipo religioso, diffusa anche attraverso la cultura pop degli anni ’80 (yuppismo, tutti manager, abbondanza per tutti col “mercato”) – ci fu un vero e proprio martellamento “psichico” di questi temi negli anni ’80.
È evidente (indipendentemente dai reali livelli di corruzione dei singoli politici) che si è trattato di un vero e proprio attacco ideologico che in definitiva non si è scagliato contro i politici ma contro la sovranità democratica dello Stato (siccome la democrazia è controllata dai politici che sono corrotti è meglio instaurare una vera e propria “Mercatocrazia” in cui gli strumenti di esercizio della sovranità monetaria, che permettono il controllo sull’economia, non siano più a disposizione della “Casta”.
Questo tipo di operazione ha prodotto un’esplosione del debito pubblico: il divorzio tra la Banca d’Italia e il Tesoro ha prodotto tassi di interessi a fronte di emissione di moneta attraverso titoli di stato non più calmierati dalla Banca Centrale e quindi preda della speculazione. A un certo punto si è arrivati ad emettere titoli a un tasso di interesse del 20% e questo ha prodotto un’esplosione del debito pubblico, non certo a causa di un eccesso di spesa – la spesa non è aumentata – sono aumentati semplicemente gli interessi. E sappiamo che siccome gli interessi producono una crescita di tipo esponenziale, nel giro di pochi anni hanno fatto raddoppiare il debito pubblico.
Debito che una volta esploso è stato usato “strumentalmente” per andare a discreditare ancor di più il sistema politico in quanto tale. “Corrotti e spendaccioni!”
Alla fine degli anni ’80 col crollo del muro di Berlino, non c’è più stato bisogno di un cuscinetto Europeo tra il mondo capitalista e quello ormai ex-socialista. Anzi. L’Europa del welfare, il modello di capitalismo dal volto umano, diventò un cattivo esempio, un vero e proprio ostacolo al trionfo del grande capitale internazionale che stava e sta tuttora cercando di impossessarsi finalmente e definitivamente del mondo in fase di globalizzazione. Una sorta di ultimo baluardo di un mondo che si vuole decretare come finito “Ma guarda gli Europei che pretendono ancora la sanità pubblica, la pubblica istruzione gratuita, come sono socialisti – ma sono pazzi? Le cose bisogna comprarsele: devono essere privatizzate”
Ecco allora – e arriviamo finalmente alla “guerra dell’Euro” – per sostituire il modello Europeo sociale con quello neoliberista ci si adoperò affinché il Parlamento Europeo nascesse senza poteri e sempre di più ne assumessero organismi non eletti democraticamente (e quindi più manipolabili da parte degli interessi in questione) – come la Commissione Europea.
Dal trattato di Maastricht in poi prevale un modello di Europa totalmente ideologizzata, anzi catechizzata sui parametri del neoliberismo più sfrenato.
L’Euro viene deliberatamente architettato senza i necessari meccanismi di redistribuzione fiscale, di armonizzazione di area monetaria, di convergenza economica finalizzata al mantenimento e al miglioramento del tenore di vita della popolazione.
Si tratta di un meccanismo strutturato per mettere in competizione i paesi tra di loro. Una bomba ad orologeria che a detta dei suoi stessi creatori (es. Prodi) avrebbe prodotto una vera e propria crisi di sistema.
La scusa era che questa crisi avrebbe a un certo punto obbligato tutti “a prendere le decisioni giuste che altrimenti non si sarebbero potute prendere”: dicevano che “alla fine questa grande crisi avrebbe obbligato a prendere le decisioni che avrebbero portato a una vera Europa dei Popoli”.
Di fatto però questo meccanismo a orologeria è esploso con la detonazione della crisi del 2008 e quello che ha prodotto è stato un conflitto tra i paesi del nord e del sud dell’Europa.
L’asimmetria economica tra l’ex area del marco e i paesi mediterranei ha portato inevitabilmente a un indebitamento di questi ultimi verso i primi a causa di un sempre maggior disavanzo commerciale.
È diventata una vera guerra quando ci si è irrigiditi (per il caso greco) sui parametri di Maastricht – nonostante in passato ci fossero state significative violazioni da parte di paesi importanti (Germania) – e si è deciso di non intervenire per il salvataggio della Grecia per farne un “esempio” di come non ci si deve comportare: “non è giusto che chi ha debiti sia aiutato gratis”! Come se i cosiddetti aiuti non fossero l’imposizione di ulteriori debiti a tassi da strozzini per permettere di ripagare gli interessi verso le banche degli stessi paesi che li forniscono. Per risolvere la situazione greca sarebbero bastate poche centinaia di miliardi rispetto alle diverse migliaia che si stanno bruciando ora – nulla rispetto alle migliaia di miliardi riversate nel sistema bancario per non far saltare il banco del casinò.
Si sarebbe potuto gestire la situazione in modo semplice, senza far soffrire milioni di persone innocenti, ma di fatto si è scelto di farla scoppiare.
I greci sono stati e sono tuttora sottoposti a una vera e propria occupazione da parte della Troika (Commissione Europea + BCE + FMI) che evidentemente fa gli interessi dei paesi nord-europei capitanati esplicitamente dalla Germania.
Cosa c’entra l’euro allora? C’entra eccome, perché l’aver instaurato un regime di cambio fisso in un’area economica non convergente senza aver prima messo a punto meccanismi di compensazione ed armonizzazione, ma anzi avendo creato meccanismi di esasperazione della competizione all’interno dell’area monetaria, non poteva che produrre uno sbilanciamento permanente dei saldi commerciali e l’indebitamento (soprattutto privato ma anche di titoli di stato) di alcuni paesi verso altri.
In più è stata creata una BCE senza i veri poteri di una banca centrale e senza nessun tipo di controllo politico con l’esasperazione del principio dell’indipendenza della BCE come se si trattasse del quarto potere della democrazia (ma dove sta scritto nelle costituzioni ?!?). Chi l’ha detto che la banca centrale deve essere indipendente? È un dogma neoliberista inoculato a tradimento e senza nessun fondamento giuridico nel DNA dell’opinione pubblica – un tradimento di tutti i principi fondativi degli stati costituzionali: una Banca Centrale non controllata e con il solo compito di contenere l’inflazione (visto che alla crescita illimitata ci pensa il mercato) è l’istituzionalizzazione ultima della fede nel mercato! La Banca Centrale deve contenere l’inflazione perché sennò gli Stati spendaccioni producono l’inflazione della repubblica di Weimar e mandano tutto in crisi.
In questo momento sembra che ne stiano uscendo vincitori i popoli del nord. Ma possiamo osservare che anche in quei paesi il livello di povertà è aumentato (come succede in tutte le guerre).
Forse le élite del nord ci stanno guadagnando ma i popoli sono sempre più tartassati, anche perché per mantenere l’asimmetria sono stati ridotti i salari e sono stati depressi i consumi interni con politiche che hanno scaricato l’aumento di competitività sui lavoratori. Però quello che gli è stato raccontato è che la colpa è di quegli spendaccioni e pigri del sud che dovevano essere aiutati obbligando i governi del nord a far stringere la cinghia ai propri cittadini. Questo è solo uno dei tanti esempi del fatto che Tutti i popoli, sia quelli del sud che quelli del nord sono colpiti da vere e proprie “psicobombe”
Noi siamo terrorizzati dall’immagine debito pubblico “che sarà ereditato dai nostri pronipoti” – il male – quando gli economisti ci spiegano che del debito pubblico bisognerebbe analizzare la parte interna e quella esterna, e che in realtà pesa di più quello privato… ma no, il debito pubblico ci viene proposto come il male in sé!
Oppure veniamo spaventati con le conseguenze che potrebbero derivare dal ritorno alla “liretta” che svalutandosi farà decuplicare(!!!!) i prezzi del carburante generando carestie e carneficine nonché un’inflazione che la Repubblica di Weimar in confronto non è niente. Che ci vorrà una carriola di soldi per comprare un gelato! Ti producono questa immagine con una violenza tale da farti passare subito ogni possibile ipotesi di uscita dall’euro. Aggiungendo toni emotivi alterati e accusando di follia chi propone la cosa.
Oppure – e qui andiamo in un campo più sottile – ci convincono della corruzione che abbiamo connaturata in noi, in quanto siamo un popolo di evasori, prepensionati e bamboccioni fannulloni, il che ci rende inequivocabilmente colpevoli e meritevoli di essere controllati da un’Europa moralizzatrice e paternalista – che è meglio di noi – che ci fa fare i compiti per il nostro bene, somministrandoci medicine amare ma necessarie.
Devi estrarti due litri di sangue e buttarli nel lavandino – è una medicina amara ma necessaria.
Sembrano i medici che prescrivevano i salassi durante il periodo della peste nera.
E ancor peggio di quella delle medicine amare è la metafora dei “compiti a casa” con cui si riducono intere nazioni a scolaretti svogliati e un po’ stupidi.
I Popoli del Nord invece sono spaventati, per esempio, dal fatto di dover pagare loro per la lascivia e l’accidia degli improduttivi popoli del sud – la fascia dell’aglio, così ci chiamano – capaci solo di indebitarsi e di lavorare poco. Vere e proprie “bombe” mediatiche per metterci l’uno contro l’altro quando il loro aumento di povertà deriva evidentemente dalle politiche di svalutazione competitiva [sleale] operata dalle loro classi dirigenti utilizzando la repressione del mercato interno e la riduzione dei salari.
Sembrano i cinegiornali dell’Istituto Luce durante la II guerra mondiale!
Alla fine nessun popolo potrà uscire vincitore – quello che succederà è che andando avanti in questo modo si finirà semplicemente con la fine del modello sociale Europeo, della sua parte che invece era interessante: l’Europa dei popoli, del welfare, del convergere in una direzione solidale. È evidente che se quello era il progetto iniziale, c’è stato un sabotaggio: è stato sostituito da un modello ferocemente neoliberista.
È molto importante rendersi conto di questo processo, perché finché si continua a credere che la colpa della crisi sia la casta corrotta non se ne potrà uscire (molti sono corrotti ma ormai di fatto il politico nazionale tutto sommato non è molto più potente del sindaco di un comune: le decisioni vere attualmente sono prese più in alto, e questo è il problema democratico).
La Politica (una nuova politica con la P maiuscola) deve riconquistare la sovranità perché oggi così com’è non può fare niente se non essere martoriata.
Poi c’è l’immagine dello “Stato – famiglia” o dello “Stato-Azienda”: Lo Stato!
J. K. Galbraith definisce “illusione del riferimento” questo modo di pensare “allettante e plausibile” che riferendosi a uno Stato, lo paragona a una famiglia o a un’azienda di cui il governo è capofamiglia o amministratore.
Quando gli opinionisti (o i premier) di turno tirano fuori questo argomento per spiegare le nefandezze del debito e della spesa pubblica, omettono di mettere in evidenza il fatto che si tratta di una concezione fortemente “ideologica” tipica della destra internazionale che si è sempre opposta al ruolo dello Stato come “sovrano” e con un compito di regolatore dell’economia, proponendo al contrario il lassez faire.
Di fatto si tratta di una concezione che tende ad eliminare o a limitare fortemente proprio la “sovranità” ovverosia il poter disporre da parte dello Stato-Collettività delle risorse all’interno del proprio territorio.
Una famiglia non è sovrana, lo Stato sì, per cui il paragonare lo Stato a una famiglia o a una azienda è negarne la sovranità: nel nostro caso è anche un tradimento della costituzione – è alto tradimento!
La lesione della sovranità dello Stato è una cosa gravissima! Facendo così, riducendo lo Stato a un’azienda come un’altra, a quel punto lo si fa dipendere dai mercati, che possono così attaccarlo e conquistarlo! Si tratta del fulcro delle politiche che hanno permesso di trasformare la moneta unica e ciò che gli gira intorno in un vero strumento bellico.
Peccato che le costituzioni e il diritto internazionale prevedano invece che uno Stato sia sovrano: ha l’esercito, dovrebbe avere una certa sovranità monetaria, può esercitare il diritto, ha il monopolio giuridico della violenza. Così invece è ridotto a uno stato-famiglia che si è indebitato e deve ripagare i debiti.
Finché ce la prendiamo con falsi nemici continueranno a martoriarci e questo processo di demolizione degli stati democratici andrà avanti.
In sintesi, il Sistema politico è evidentemente in crisi a causa della “corruzione”, ma invece di proporne una evoluzione per permettere un reale controllo da parte del popolo si cerca di buttare via il bambino con l’acqua sporca (o addirittura tenendoci l’acqua sporca), mettendo tutto in mano ai Mercati, benevole divinità sovranazionali e sovrumane che dovrebbero riversare fiumi di benessere verso tutti in cambio di necessarie offerte: le liberalizzazioni, le privatizzazioni, l’eliminazione dei dazi, la perdita di ogni briciolo di sovranità monetaria. In sintesi: un alleggerimento della sovranità dello Stato fino a renderlo un simulacro del passato e a farne un semplice “Stato-Azienda” o peggio ancora appunto “Stato-Famiglia”, privato appunto della propria sovranità e quindi completamente e definitivamente in balia di quei Mercati, che a quel punto hanno potuto finalmente rivelare il loro vero volto.
Per tutti questi motivi un evento come il convegno di Chianciano dell’11 gennaio 2014 sarà un momento fondamentale per dare forza a tutti coloro che vogliono organizzare un’uscita da questa situazione, a partire dai fondamenti della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – facendo una vera e propria resistenza alla guerra di occupazione economica che sta calpestando i nostri diritti e sventando l’avvento di regimi totalitari che sono sempre in agguato in situazioni storiche come questa.
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