Pubblichiamo volentieri un analisi di Leonardo Mazzei (titolo originale La Mandrakata) su “l’ennesimo governicchio di una classe dirigente che non sa che pesci prendere e che alla fine dovrà ubbidire ai diktat delle tecno-oligarchie europee e applicare politiche antipopolari”.
Chissà perché lo chiamano Renzi 1, come se il “2” fosse cosa scontata. In realtà la confusione sotto il cielo è grande, e per ora siamo semmai al Renzi zero, un oggetto per adesso senza forma, con una maggioranza pittoresca, ed un programma certo immaginabile ma che ancora non c’è.
Molte cose si chiariranno nei prossimi giorni, limitiamoci perciò ad alcune note su questo ennesimo Colpo di Palazzo, dopo i due precedenti del novembre 2011 (arrivo di Monti) e dell’aprile 2013 (governo Napo-Letta).
1. Disegno sistemico o guerra per bande?
Per prima cosa bisogna domandarsi da cosa nasca questa accelerazione, questa spinta fortissima verso un governo Renzi. Si tratta di un vero e proprio disegno sistemico, con il coinvolgimento ed il sostegno attivo dei principali poteri in gioco, od è semplicemente un episodio della guerra per bande che, frutto della crisi della politica secondo-repubblichina, imperversa ormai da anni?
Probabilmente entrambi i fattori giocano la loro parte ma, per quel che è possibile dire oggi, il secondo (la guerra per bande) ha un ruolo prevalente. Il gruppo che si raccoglie attorno a Renzi mostra una sete di potere smisurata, ha un leader che certo non si pone limiti, un partito-stuoino la cui minoranza di “sinistra” (!) è stata la prima a stendergli il tappeto rosso verso il traguardo governativo. Questo per ricordarci che non tutte le “bande” sono sempre in grado di lottare per il potere od una parte di esso, a volte si accontentano più modestamente di vivacchiare e di prendere tempo. Ecco allora che l’avere allontanato la prospettiva elettorale fornirà nell’immediato al segretario del PD un certo numero di amici in più.
2. L’ultima carta?
Detto questo, non è che i centri del potere economico —nazionali ed europei— siano stati a guardare. Per loro Renzi era una carta di riserva, da giocarsi alla bisogna. Non una carta come le altre, però. Una carta un po’ più forte, in virtù di una certa popolarità del soggetto in questione. Popolarità coltivata mediaticamente da anni, in parte assai sovrastimata, in parte reale.
Era questo il momento di giocare una simile carta? Lorsignori si saranno di certo posti la domanda. Sta di fatto che le esternazioni del presidente della Confindustria Squinzi sul “nullismo” di Letta sono arrivate puntuali. E così pure l’annuncio della scoperta dell’acqua calda, cioè delgolpe del 2011, sulle pagine del Corriere. Uscite non casuali, senza dubbio, ma che più che ad un disegno organico fanno pensare ad una mossa disperata: Renzi come ultima carta per tentare l’impossibile quadratura del cerchio tra le regole della gabbia europea, che non si ha il coraggio di mettere in discussione, e le esigenze di un’economia nazionale sempre più in crisi.
3. Non c’è due senza tre?
Il killer dalla Smart blu ha liquidato l’inconsistente Letta in quattro e quattr’otto. Prima un incontro da cafoncello per comunicargli lo sfratto, poi una relazione da bocciofila alla Direzione del PD per annunciare la Terra Promessa: il… 2018! Almeno i suoi predecessori, anch’essi non eletti, avevano una mission più definita: imporre i più pesanti sacrifici del dopoguerra agli italiani il primo, far passare a nuttata della crisi politica-istituzionale seguita al voto del febbraio 2013 il secondo. Di Renzi vedremo, ma il 2018 è molto, molto lontano.
La quadratura del cerchio di cui al punto 2 è il nodo intorno al quale tutto ruota. E non è un nodo che si possa sciogliere con qualche trovata pirotecnica che certo non ci verrà risparmiata. Ne sanno qualcosa sia Monti che Letta. Il primo – presentato come l’austero ed incorruttibile salvatore della patria – ha certo svolto il suo lavoro omicida, ma ha poi finito per fracassarsi le ossa con un modesto risultato elettorale ed il successivo disfacimento della sua improvvisata creatura politica. Del secondo, che doveva arrivare al 2015 con un treno carico di “crescita”, riforme istituzionali e presidenza europea, ci parlano le cronache di questi giorni.
Facile essere proiettati in alto nelle aspettative iniziali, dato che tutto manca in questo Paese fuorché una stampa servile nei confronti del vincitore di turno. Più difficile misurarsi con i bilanci consuntivi, quando i conti non tornano e gli amici vanno alla ricerca di nuovi padroni. Che dire allora, se non che non c’è due senza tre?
4. Un azzardo senza alternative?
Qualcuno si è chiesto come mai Renzi abbia smentito se stesso così clamorosamente. L’uomo che diceva che non sarebbe mai andato al governo senza un’investitura popolare (magari truccata con una legge truffa, ma questo è un altro discorso), si appresta ora a varcare la soglia di Palazzo Chigi in virtù dell’investitura… delle primarie del PD, cioè del voto di 2 milioni di persone su 48 milioni di elettori… E l’uomo che gridava contro le “larghe intese” si accinge ora a governare con la stessa maggioranza che contestava… Se questo ci dice già abbastanza sulle qualità di colui che qualcuno ha ribattezzato coeRenzi, è però assai probabile che ci sia dell’altro.
Del resto è stato lo stesso segretario del Pd a parlare di azzardo. Perché allora una simile mossa, fra l’altro assai malamente preparata? In proposito possiamo soltanto avanzare un’ipotesi, l’unica che ci pare sensata: perché Renzi e la sua banda non potevano aspettare due anni. A rovinare i piani iniziali di costoro, costringendoli all’azzardo, sono stati due fatti: la sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum e l’inevitabile allungamento dei tempi dell’entrata in vigore della nuova legge elettorale.
Con il Porcellum Renzi sarebbe andato alle elezioni quanto prima, confidando ovviamente sulla conquista del premio di maggioranza. Privato del Porcellum egli è subito ricorso ai ripari, congegnando con il suo degno compare un super-Porcellum ancor più adatto allo scopo. Mossa magistrale, quanto antidemocratica, ma con alcuni inconvenienti anche per la banda Renzi. Perché è vero che gli era riuscito il non improbo compito di far accettare a tutti i suoi parlamentari, compresa la famosa “sinistra”, tutte le sue porcherie: dal premio di maggioranza, agli sbarramenti stile Turchia, alle liste “democraticamente” bloccate. Questo gli era riuscito, così com’era riuscito al suo sodale di Arcore con i transfughi con la fregola da rientro di Ncd.
Ma questa era la parte più semplice, più complicato far accettare ai tacchini l’idea dell’approssimarsi del Natale. Ora, siccome anche i tacchini hanno un cervello, questi si sono messi a pensare e gli si è accesa una lampadina: come si può andare al doppio turno con il bicameralismo perfetto? Che si possono fare due doppi turni? Ora, per la verità, la stessa cosa si può dire anche del premio di maggioranza, che può benissimo consegnare due diverse maggioranze. Ma in effetti immaginare due doppi turni, magari con diversi soggetti in campo nelle due camere in palio, questo era un po’ troppo anche per chi ha architettato senza arrossire la “norma salva-Lega” e quella “salva-Sel”. Ma allora, ecco la logica conclusione dell’ingegnoso tacchino, la legge elettorale potrà andare in vigore solo al momento dell’abolizione del Senato. [Abolire il Senato significa infatti cambiare la Costituzione, il che implica un iter molto più lungo che non quello della legge elettorale. Ndr] (1) Campa cavallo, e non solo perché si tratta di materia costituzionale. Il Natale è stato così allontanato, per la gioia dei tacchini, ma non quella del sindaco di Firenze.
5. Duemiladiciotto che?
Forse il segretario del PD, forte più che altro della sua presunzione, pensa di poter sganciare un giorno Alfano da Berlusconi. Speranza assai poco fondata visto il personale politico di Ncd, la sua storia, il suo (per quanto ristretto) bacino elettorale. Tutti elementi che fanno pensare esattamente il contrario di quel che Renzi spera possa un giorno avvenire. Nel frattempo, colui che aveva tanta fretta di approvare la legge elettorale avrà forse ora convenienza a metterla per un po’ in stand by, perché il 37% del premio di maggioranza appare assai più alla portata della coalizione berlusconiana che non ad una per ora inesistente coalizione renziana.
L’azzardo è dunque totale e senza rete, altro che 2018! Forse anche per questo alcuni centri di potere hanno alla fine deciso di giocare una carta che pensavano di tenersi in mano ancora per qualche tempo. La scommessa è così folle che lo scommettitore avrà bisogno di tanti sostegni, che certo non verranno forniti gratis. Ed alla fine, se fallimento sarà, come pensiamo (e come di certo ci auguriamo), anche la sconfitta di Renzi, come quelle di Monti e di Letta, non avrà né padri né madri. Sarà solo sua, come in effetti si merita.
6. Una classe dirigente che non sa più che pesci prendere
Se questo è il quadro, non sarà difficile comprendere quanto sia grave ormai la crisi della classe dirigente (e non solo quella politica) del nostro Paese. Una classe dirigente che non sa che pesci prendere, né a quale santo votarsi. E’ in questo paesaggio crepuscolare che sta la risposta alla domanda iniziale, perché anche i più importanti centri del potere economico (e, più specificatamente, finanziario) desidererebbero sì una risposta di tipo sistemico ma, nella difficoltà di elaborarla, altro non sanno fare che partecipare anch’essi ad una guerra per bande senza fine. “Se la crisi italiana non ha sbocchi, che almeno il mio portafoglio si rimpingui”: questo è il loro motto, questa è in ogni caso la loro pratica.
Dove sarebbe, del resto, la novità del governo Renzi? Se la maggioranza è la stessa, del programma non sappiamo nulla. Tanto per questi figli del “pensiero unico” liberista il programma non può essere che quello solito: privatizzazioni, deregolamentazione del rapporto di lavoro, sacrifici senza fine per il popolo lavoratore. Che se poi, per qualsiasi motivo, vi fosse qualche intoppo, interverrebbe comunque il “pilota automatico” dei trattati europei e della Bce.
A questo proposito —e nessuna prova sullo stato della classe dirigente potrebbe essere più decisiva— il signor Renzi, al pari di chi lo appoggia, continua a non dir niente del Fiscal Compact. Eppure sarà proprio questo trattato a disegnare qualità e quantità della prossima finanziaria, alias legge di stabilità. Una irresponsabilità che non ha bisogno di commenti. Una irresponsabilità che verrà pagata dalle classi popolari, ma che potrebbe travolgere lo sbruffone fiorentino assai prima di quanto si possa pensare.
7. L’Europa, le elezioni europee
Gira e rigira, si ritorna all’Europa. E’ naturale che sia così, ed è qui che casca l’asino. Hai voglia di parlare di crescita, quando devi obbedire a Bruxelles! Lo hanno fatto Berlusconi, Monti e Letta. Il primo finì per accontentarsi di quella dei capelli, al secondo crebbe il naso per le infinite bugie sulla “fine del tunnel”, il terzo ha visto accrescersi solo la propria bile. Dato che ognuno è forte nel suo campo, a Renzi crescerà ancora la sfacciataggine. E magari comincerà a trastullarsi, come Letta, con gli zerovirgola col segno più dopo aver perso quasi il 10% di pil dal 2007.
Ma non saranno questi giochini a salvarlo. Né basteranno gli iniziali peana degli scribacchini di corte. In tempi di crisi anche la “luna di miele” si accorcia. I famosi “cento giorni” di un tempo si riducono ormai ad un paio di mesi. Mesi in cui non mancheranno le trovate, i fuochi d’artificio, l’esercizio di una certa arte populista. Poi, come sempre avviene in questi casi, non resterà che il vuoto.
Ma questo riguarda un futuro un po’ più lontano, anche se non lontanissimo. Occupiamoci invece del futuro che è già davanti a noi. In questo futuro prossimo lo sbruffone comincerà a scoprire le carte, ma lo farà in maniera guardinga, perché si porrà innanzitutto un traguardo politico ben preciso: quello di sfangare il passaggio elettorale di maggio. Un traguardo certo non estraneo alla stessa decisione di licenziare subito Letta.
8. Un governo di minoranza ed illegittimo per tre motivi
Guardando le cose dal nostro punto di vista, da quello cioè di chi si augura un incartamento del blocco dominante, come condizione in grado di rendere più vicina una vera sollevazione popolare, è un bene che la “carta Renzi” sia stata infine giocata. Esiste forse la possibilità che quello che nasce come l’ennesimo governicchio si trasformi, per qualche qualità nascosta del premier, ingovernissimo? Ci sentiamo di escluderlo, come si sarà capito dal ragionamento fin qui svolto.
In ogni caso, per battere al più presto una simile ipotesi, sarà importante il risultato delle elezioni europee. Un risultato che ci consegnerà comunque un governo di minoranza, dato che non c’è alcuna possibilità che la somma dei voti delle forze che andranno a comporre la prossima maggioranza parlamentare arrivi al 50%.
Ritrovarsi in minoranza è dunque il primo motivo di illegittimità. Il secondo sta nel fatto che questo governo (e questo primo ministro) nessuno lo ha eletto, mentre il terzo risiede nell’illegittimità dello stesso parlamento che si appresta a dargli la fiducia. Illegittimità derivante dall’essere stato eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta.
Governo illegittimo dunque. Da non riconoscere, da contestare e contrastare da subito. Governo illegittimo per tre motivi, ma più sarà forte il primo, con una chiara sconfitta elettorale a maggio delle forze che lo sostengono (anzitutto il PD), e prima archivieremo anche questa terza carta di lorsignori. Quella carta giovanilista e pataccara con cui vorrebbero rendere più accettabili gli infiniti “sacrifici per l’Europa” richiesti dagli eurocrati di Bruxelles.
Tra prima e seconda votazione è comunque richiesto l’intercorrere di un tempo di almeno 3 mesi per permettere ai parlamentari di prendere piena coscienza di ciò che è stato votato permettendo una seconda votazione più consapevole.
Fonte: http://sollevazione.blogspot.it/
Link: http://sollevazione.blogspot.it/2014/02/la-mandrakata-di-leonardo-mazzei.html