La Religione del Denaro è la vera causa della povertà: se ne uscirà solo con la democrazia reale.
Povertà assoluta: in Grecia è stata la Troika, ma in Italia chi?
Leggendo le notizie sui dati Istat di giugno 2018 sul dilagare della povertà assoluta in Italia non può non saltare all’occhio una similitudine quantomeno sconcertante: le percentuali sono molto simili a quelle della Grecia.[1]
Ovviamente i dati non sono esattamente uguali, ma le tendenze sono vertiginosamente simili.
L’altro parallelismo ancor più inquietante è il trionfalismo della narrazione di tutti e due i governi di “Centrosinistra” alla guida dei due paesi.
La cerimonia con cui Tsipras si è messo la cravatta per “festeggiare” la fine del controllo diretto della Troika sarà ricordata come uno dei momenti più tragicomici della storia dell’inizio di questo secolo, per non parlare delle lodi arrivate non dalla Troika ma dalla sinistra radicale, anche Italiana!
Non è meno tragicomico il fatto che il governo a guida PD abbia continuato ad auto-lodarsi rispetto ai risultati ottenuti in questi anni ed abbia avuto il coraggio di dichiarare in parlamento che stava consegnando al nuovo governo un paese in “ottime condizioni”: una sorta di gioiellino da non rovinare.
Di fronte a tanto irrazionalismo da parte della cosiddetta élite che si assegna il compito di guidare il popolo bruto, non è strano che lo stesso popolo abbia cominciato a dare segni di giusta insofferenza. Il voto italiano del 4 marzo 2018 in questo senso può essere interpretato come una sorta di sollevazione popolare del XXI secolo in cui si è scelto di dare volume alle uniche forze che in qualche modo erano fuori dal coro: i cosiddetti nuovi barbari.
Sono le forze che in qualche modo hanno mostrato di tendere un orecchio e una mano alla popolazione sfiancata dalla distanza tra la narrazione e la realtà. Ci sono molti elementi irrazionali anche dentro queste forze politiche, in cui non ci riconosciamo, ma occorre però riconoscere la capacità che hanno avuto di interpretare la fase politica che attraversa (non solo) il nostro paese.
Tornando al tema della narrazione di cui si parlava prima, occorre mettere più a fuoco quello che viene mostrato come un “successo”. In Italia il “successo” almeno da Monti in poi è stato sventare tragedie peggiori. Va tutto male, ma rispetto a quello che sarebbe potuto accadere non è nulla!
“Se non avessimo fatto così avremmo dovuto subire l’umiliazione della Troika!” Ma così alla fine abbiamo fatto da noi le stesse cose che ci avrebbero imposto, facendo passare per generosa concessione di flessibilità poche briciole di carità.
E anche l’appartenenza a un sistema europeo che tutti ormai criticano apertamente è resa indispensabile dalle conseguenze dell’uscita: L’Italietta della liretta verrebbe devastata in modo totale da un’orda di cavallette globalizzate!
TINA, l’imperatrice del pianeta
There Is No Alternative… per (i suoi) amici T.I.N.A. ovverosia “non ci sono alternative”. Non c’è alternativa alle liberalizzazioni, non c’è alternativa all’austerità, non c’è alternativa allo spread, non c’è alternativa alla globalizzazione, non c’è alternativa ai mercati, non c’è alternativa all’euro e al quadro dell’attuale Unione Europea, non c’è alternativa alla fine della democrazia, non c’è alternativa al dilagare della povertà e all’aumento della distanza tra i ricchi e i poveri….
Questo è il mantra che ci sentiamo ripetere con volume sempre crescente dagli anni ’80 in poi. O meglio, l’alternativa c’è e si chiama catastrofe!
In questo modo chiunque proponga qualsiasi tipo di obiezione al dominio della perfida Tina altro non è se non un irresponsabile che vuole portarci verso tali catastrofi (mai ben specificate). I responsabili sono invece coloro che si sottomettono alla spietata dominatrice, chiedendole di intercedere per i popoli attraverso qualche piccola concessione.
Tutto questo viene spesso argomentato in base a ragioni scientifiche di tipo economico, peccato che non tutti gli economisti siano d’accordo con TINA. Ci sono professori universitari, ricercatori, dirigenti, e anche “premi nobel” per l’economia che sempre di più si oppongono a questi paradigmi denunciandoli come totalmente irrazionali.
I mezzi di informazione tendono spesso a ridicolizzare tali posizioni, confutandole grazie ad esponenti della dottrina economica definiti “responsabili”, spesso con manipolazioni visivo-cognitive degne di Goebbels.
In effetti, pensandoci bene, tutto il benessere che abbiamo conosciuto nel secolo scorso si è prodotto durante la fase di dominio Keynesiano dell’economia mondiale e gli eroici economisti oppositori di TINA appartengono proprio a versioni moderne di tale dottrina che è stata completamente messa da parte con l’avvento del neoliberismo.
Uno dei punti chiave della “rivoluzione neoliberista” è stato quello di mettere al centro il denaro e la sua scarsità (imposta), togliendo di mezzo il più possibile il potere politico, soprattutto togliendogli la sovranità monetaria. Si tratta di un argomento molto complesso che non può essere sviluppato qui… ma alla fine quello che ci interessa mettere in evidenza è quello che è successo ai “debiti sovrani” che improvvisamente sono diventati semplici “debiti pubblici” da ripagare davvero[2]. Questa trasformazione di punto di vista rispetto all’indebitamento degli Stati, che prima non era un problema e lo è diventato all’improvviso come una sorta di rivelazione, ha generato un nuovo mantra nella coscienza collettiva.
Il Dio Denaro e i suoi sacerdoti
Abbiamo accumulato un debito che deve essere ripagato, ma che nella pratica non è ripagabile. Il debito è una colpa, la nostra sofferenza che deriva dall’espiazione è l’inevitabile punizione per questo peccato originale collettivo. Un’espiazione che si protrarrà pressoché per sempre.
Questo è l’altro mantra che ci viene ripetuto in continuazione per giustificare le sofferenze – tra gli altri – dei popoli di Italia e Grecia, ma che prima ha prodotto la fine dello sviluppo del cosiddetto “terzo mondo” con interventi operati da due delle punte del tridente dell’attuale Troika Greca ovverosia Banca Mondiale e FMI.
Si tratta di istituzioni che erano state create nel quadro degli accordi di Bretton Woods dopo la fine della seconda guerra mondiale e il cui scopo (secondo i dettami abbastanza Keynesiani di quella fase storica) avrebbe dovuto essere il favorire lo sviluppo dei paesi di tutto il mondo. Probabilmente tale compito non è mai stato veramente assolto, ma sicuramente, con il cambio di paradigma, FMI e Banca Mondiale si sono trasformati in veri e propri cavalieri dell’apocalisse, chiedendo “riforme basate sull’austerity” in cambio di sostegno non all’economia ma alla restituzione del debito accumulato nella fase precedente in cui non era un problema per nessuno.
Il filosofo tedesco Walter Benjamin in un frammento del 1921 “Capitalismo come religione” afferma che “Nel capitalismo va individuata una religione; il capitalismo, cioè, serve essenzialmente all’appagamento delle stesse preoccupazioni, tormenti, inquietudini a cui in passato davano risposta le cosiddette religioni […] Il capitalismo è il primo caso di un culto che non consente espiazione, bensì produce colpa e debito (verschuldend).”
Ed ecco che con l’avvento della dottrina neoliberista e la caduta del socialismo reale, tale religione non ha avuto più ostacoli ed ha potuto dilagare producendo l’avvento del nuovo Medio Evo Finanziario, in cui l’imperatrice è TINA e i sacerdoti sono i custodi del Mercato: i banchieri centrali e gli esponenti delle grandi Banche d’affari.
Tornando a noi, risulta chiaro che l’unica possibilità di superare l’enorme quantità di dolore e sofferenza mentale prodotta dall’attuale “crisi permanente” è quella di svelare tutto questo e di provare ad opporci a questa orrenda tenaglia.
Sfatare il mito della scarsità
Già intorno agli anni ’60 del secolo scorso gli avanzamenti scientifici e tecnologici dell’umanità avevano reso quantomeno possibile il soddisfacimento dei bisogni materiali per ogni membro della nostra specie.
Nel frattempo, tutto si è accelerato e oggi non passa giorno senza che una nuova scoperta o una nuova invenzione non renda più raggiungibile, almeno in termini potenziali, l’obiettivo di condizioni di vita degne per ognuno, in ogni angolo del pianeta.
Com’è possibile che tuttavia questa potenzialità sia sempre più lontana dalla realtà delle cose?
Proprio dalla fine degli anni ’60 è iniziato a instaurarsi il mito della scarsità e della insostenibilità della crescita. È evidente che la continuazione della crescita basata sul modello di sfruttamento intensivo delle risorse del pianeta e l’estensione di tale modello, così come è ancora quello vigente in Occidente, a tutte le economie del pianeta porterebbe a una catastrofe ecologica.
Però il fatto che si continui ad utilizzare tale modello e non uno di vero sviluppo umano, che tenga conto di tutti gli avanzamenti e li utilizzi senza curarsi del profitto è sempre dovuto a TINA e non all’impossibilità materiale di fare le cose.
Tutto quello che non si riesce a fare oggi non lo si può fare per mancanza di “profittabilità” o dei soldi necessari, quasi mai a causa di reali vincoli materiali. Sul tema della profittabilità non c’è bisogno di dire molto per confutarne le ragioni, ma anche la scarsità di denaro è assolutamente artificiale e questo in genere risulta meno evidente. Non è così chiaro che i soldi siano l’olio e non la benzina del motore economico, che oggi non gira in modo adeguato perché si inceppa appunto per mancanza di tale lubrificante, anche se ci sarebbe tutto il carburante necessario[3].
Probabilmente il mito della scarsità è nato come una sorta di resistenza storica a quella che sarebbe stata una rivoluzione epocale: dal ’68 in poi, infatti, abbiamo visto un blocco della dialettica generazionale e una continua repressione di ogni possibilità di innovazione reale. Da allora in poi si parla solo di cose “neo-“ o “post-“ e si è arrivati addirittura a decretare “la fine della storia”!
A nostro parere, tuttavia, la spinta innovatrice delle nuove generazioni che si avvicendano – sempre più rapidamente per via dell’accelerazione storica – aumenta ogni giorno di più la sua pressione nei confronti della diga che è stata posta contro l’evoluzione della storia.
Democrazia, Progressismo e Populismo contro elitismo
Ma che possibilità ha il popolo, cioè anche noi che non facciamo certo parte dell’élite, di opporsi a tutto questo?
Partiamo da un’altra grande promessa non mantenuta del secolo scorso: quella della democrazia.
Se vivessimo in un mondo in cui fossero davvero applicati i principi di documenti come la Costituzione Italiana del ’48 o la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, le cose non andrebbero certo così come stanno andando.
Di fatto sono stati quasi completamente disattesi soprattutto nei loro punti più avanzati, e sempre di più li si considera come una sorta di nobili elenchi di utopie inapplicabili: una sorta di Progressismo ingenuo.
Tuttavia, qualcuno li ha scritti pensando che non si trattasse di utopie e questo ha lasciato una traccia indelebile nella storia.
Parlando della Costituzione Italiana, quello che proprio non va giù all’élite è il fatto che la sovranità appartenga al popolo. Errore che è stato ben corretto costruendo l’impianto attuale dell’Unione Europea in cui il popolo può al massimo eleggere un Parlamento senza quasi nessun potere e tutto il resto è architettato elegantemente per tenerlo fuori dalle stanze dei bottoni.
L’attuale ribalta del “Sovranismo” è a nostro parere dovuta proprio al fatto che in questo momento l’unico ambito in cui i popoli mantengono ancora un po’ di potere di influenza sulle decisioni è quello nazionale; per cui si spera di poterne recuperare l’efficacia per avere qualche spazio di manovra rispetto alle imposizioni esterne, guidate in tutto e per tutto da TINA e dai sacerdoti del Dio Denaro.
Come Umanisti aspiriamo a una Nazione Umana Universale, intesa non come uniformazione globalista, ma come gigantesca federazione di mille diversità verso un orizzonte di benessere comune.
Sarebbe veramente ingenuo pensare che un concetto del genere possa arrivare dall’alto delle élite internazionali che non stanno facendo altro che cercare di difendere il proprio primato a discapito del benessere della maggioranza.
Occorrerà comprendere fino in fondo che ciò che spinge l’élite finanziaria dominante all’accumulo di quantità di ricchezze e potere che avrebbero fatto impallidire anche le più folli aspirazioni di Re Mida non sono ragioni dovute a ingordigia o avarizia: si tratta più semplicemente di una malattia mentale.
L’élite si configurò in un mondo in cui la sua esistenza era necessaria a causa della scarsità materiale, in cui una cerchia veniva protetta per disporre di una classe dirigente ben formata. Si trattava comunque di un’ingiustizia nei confronti di chi non ne faceva parte, ma che era motivata da ragioni che per quanto discutibili potevano avere qualche fondamento.
Con la fine della scarsità ciò è del tutto assurdo e inutile, ma la necessità irrazionale dell’élite di mantenere il proprio status, ormai non necessario neppure per loro, li ha mandati in tilt e ha fatto scatenare TINA e i suoi scagnozzi contro i popoli che pretendevano finalmente benessere per tutti.
Con l’arrivo della IV rivoluzione industriale e l’avvento dell’Intelligenza Artificiale nella struttura economica, non ci sarà più nessuna ragione per sottomettere l’esistenza di chicchessia al fatto che si debba “guadagnare il pane con il sudore della fronte”. Ovviamente ci sarà sempre bisogno dell’intelligenza umana per guidare il processo e, proprio per questo, l’unico lavoro veramente utile e necessario sarà quello di “studiare tutti da sovrani”.
La Democrazia Reale che arriverà nel futuro sarà sempre più diretta e sarà possibile perché ogni essere umano avrà molto tempo a disposizione per studiare, approfondire, divagare e creare, disponendo di una tecnologia che potrà occuparsi di tutte le necessità materiali.
Ed ecco che in questo modo trionferà l’attuale pulsione populista, in cui il popolo, un popolo che non è mai stato tanto istruito nella storia umana, vuole poter dire la sua davvero, senza nessuno che lo manipoli.
Certo, occorrerà comprendere fino in fondo la malattia mentale dell’élite, possibilmente anche da parte dei suoi stessi membri e curarla capendo come non faccia di loro persone felici – come è ancora nell’immaginario collettivo – ma esseri umani che pur in condizioni di opulenza mai viste prima, non possono che soffrire profondamente per la violenza gratuita che impongono al resto della specie.
Quando la diga si sarà rotta, TINA scomparirà e il Dio Denaro risulterà un antico feticcio di un’epoca totalmente irrazionale, da studiare per evitarne il ritorno. Il Medio Evo finanziario sarà finito e inizierà un vero Rinascimento globale.
Con l’accelerazione attuale del tempo storico potrebbe non volerci poi molto, ma perché succeda, ognuno di noi deve smetterla di fidarsi di qualsiasi élite e deve cominciare a “studiare da sovrano” e ad esercitare in modo consapevole la propria sacrosanta volontà di contare qualcosa nelle decisioni importanti che lo riguardano.
Valerio Colombo e Tony Manigrasso
[1] Grecia:
http://vocidallestero.it/2018/06/24/in-grecia-piu-di-una-persona-su-tre-e-a-rischio-poverta/
Italia:
[2] Il debito è “sovrano” se garantito direttamente dalla Banca Centrale che emette la moneta in cui è denominato e se non esiste una clausola di “divorzio” tra tale Banca e il Governo. Se non ci sono queste condizioni, come per esempio nel caso dei paesi dell’eurozona, il debito pubblico è soggetto alla possibilità di default come quello di qualsiasi soggetto privato.
[3] Il denaro, infatti, non si consuma mai in seguito a una transazione: chi lo spende ha l’illusione di averlo consumato per ottenere qualcosa, ma esso continua a circolare in altri scambi e può essere creato o distrutto solo da chi esercita la sovranità monetaria. La quantità di denaro all’interno di un sistema deve essere adeguata al buon funzionamento dell’economia: in caso di forte eccesso si produce inflazione, mentre in caso di scarsità si parla di “credit crunch”.