Giusto un anno fà , il 24 Marzo 2019 abbiamo organizzato, come Partito Umanista insieme al altre associazioni e relatori come Nino Galloni, un workshop che dava un punto di riferimento chiaro su quello che c’è da fare nel presente e prossimo futuro per uscire da questa crisi economica e di paradigmi.
In questo periodo è sobbalzato agli occhi di tutti il fallimento di questa organizzazione economica e sociale basata sui valori del neo-liberismo, della globalizzazione, l’individualismo schizofrenico. Fino a quando è stato usato il metodo della “rana bollita” ovvero peggiorare “lentamente” i diritti sociali e la democrazia, molti non si erano “accorti” o “scossi”, ma oggi con l’incidente del corona virus c’è stato un botto e si è rotto l’incantesimo della “rana bollita”.
Condividiamo l’introduzione di questo evento sullo “Stato Coordinatore”.
L’attuale situazione di totalitarismo economicista neoliberista sta facendo tornare alla ribalta il tema della sovranità degli stati nazionali, contrapposta al cosmopolitismo della globalizzazione.
Dal punto di vista umanista ovviamente quella da rivendicare è la sovranità popolare, che al momento attuale ha la possibilità di manifestarsi a livello giuridico esclusivamente all’interno degli stati.
Ma si tratta di un “ritorno a qualcosa che prima c’era” o invece la questione è quella di rivendicare l’aspirazione a una vera sovranità del popolo che non è mai stata pienamente raggiunta?
Non c’è dubbio che nella seconda metà del XX secolo siano stati fatti grandi passi avanti in questo senso soprattutto dal punto di vista giuridico-istituzionale con l’apparire di Costituzioni come quella Italiana che hanno rivoluzionato, almeno a livello di principio, la relazione tra il Popolo e lo Stato.
Tuttavia, è evidente che lo slancio di quel cambiamento che, subito dopo la II guerra mondiale ha portato anche a promulgare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, è stato frenato quasi subito per fermarsi del tutto verso la fine degli anni ’70…
La fine del XX secolo è stata contraddistinta da un processo di apparente trionfo del neoliberismo come manifestazione più estrema di quel capitalismo che, dopo aver lottato per quasi due secoli con l’antagonista socialista, ha finito, almeno apparentemente, con il prevalere in modo definitivo.
D’altronde l’inizio del nuovo millennio è stato caratterizzato da ondate crescenti di “crisi” che hanno mostrato esplicitamente quanto fosse falsa la promessa di benessere e libertà per tutti con cui la fazione trionfatrice cercava di legittimare le proprie ragioni.
La disuguaglianza sta superando i livelli precedenti all’inizio della rivoluzione industriale, la speculazione finanziaria fuori controllo domina gli apparati internazionali costituendosi come un parastato dittatoriale e le forze economiche produttive, mosse solo dall’aumento del profitto, spingono verso il collasso ecologico del pianeta… Per non parlare dell’impatto sociale che potrà avere la rivoluzione tecnologica dell’intelligenza artificiale se lasciata solo in mano al mercato.
È evidente che è più che mai necessaria una forma di organizzazione della collettività che possa riprendere in mano le redini giuridiche ed esecutive. Se è vero che non sembrano esserci alternative se non quella di ripartire dalla sovranità degli stati nazionali che sono attualmente l’unica entità con caratteristiche democratiche che possano contrastare il parastato globalista, è opportuno riflettere su quali siano gli elementi adatti alla situazione del XXI secolo che debbano essere al più presto iniettati in queste organizzazioni per renderle un punto di partenza per l’ottenimento, per la prima volta nella storia, della vera sovranità popolare.
Sicuramente possiamo trovare nelle costituzioni della II metà del XX secolo, in primis in quella Italiana, e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo i semi che se sviluppati opportunamente possono far partire questo processo di riscossa della collettività.
La nostra aspirazione è quella di arrivare a uno “Stato Coordinatore” che possa configurarsi come una vera intelligenza collettiva partecipata direttamente da tutti, in una democrazia reale articolata in modo complesso con meccanismi di democrazia diretta, partecipata e rappresentativa.
Si tratta di un modello in cui lo Stato, in quanto strumento di autoregolazione della comunità nei suoi vari livelli, possa coordinare il mercato e i suoi attori, eliminando le asimmetrie informative e soprattutto definendo e regolando un’articolazione diffusa del concetto di proprietà, che non escluda forme di proprietà privata e neanche il capitale come elemento dell’economia, ma le normi in modo tale che non siano prevalenti rispetto all’interesse comune.
In sintesi, si tratta di aggiungere il tema della violenza economica tra quelle da deprecare a livello giuridico.